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Papà Cobaldi fa chiarezza sulla sindrome di Down

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La sindrome di Down è un’alterazione cromosomica causata dalla presenza di una terza copia (o una sua parte) del cromosoma 21. Viene anche abbreviata DS dall’acronimo del suo nome in inglese, Down Syndrome.

La sindrome di Down non è una malattia e non può essere curata: è una caratteristica della persona che la accompagna per tutta la vita.

Un neonato su 1000/1200 nasce con questa condizione che è tra le più comuni alterazioni cromosomiche conosciute.



Fulvio Cobaldi, presidente di Impavidi Destini, associazione che si occupa di disabilità, padre di due bambini, di cui una con SDD, in questo articolo non vuole spiegare in termini medici cosa è la sindrome di Down, ma esprime il desiderio di  provare a sfatare alcuni luoghi comuni che riguardano la condizione della sua bambina e di tanti altri.

1 – Esiste una sindrome di Down ‘lieve’ o ‘grave’.

La sindrome è dovuta alla presenza di una copia in più (tre anziché due) del cromosoma 21, per cui è detta anche trisomia 21. Il difetto genetico è congenito e non ereditario: nella maggior parte dei casi insorge in modo spontaneo durante  lo sviluppo dei gameti o subito dopo il concepimento. Esiste una forma più rara, il mosaicismo, in cui solo alcune cellule della persona affetta presentano la trisomia, mentre altre sono normali.

In questo caso le manifestazioni possono essere più lievi. Ma si parla di manifestazioni, non di una sindrome più grave di un’altra. Le persone hanno questa condizione o non la hanno. Punto. I bambini con la sindrome di Down seguono le stesse fasi di sviluppo di tutti i bimbi. L’unica differenza è che hanno bisogno di più tempo per raggiungere determinati traguardi.

2 – Le persone con SDD sono tristi e poco affettuose.

La sindrome di Down amplifica emozioni e sentimenti togliendo o attenuando i freni inibitori con le quali si controllano le reazioni. Ma non è vero che non hanno sentimenti! Provano rabbia, timidezza o antipatia, come tutti.

Un consiglio è quello di evitare di volerli abbracciare o rimanerci male se loro non lo fanno. La trisomia non ha donato loro un carattere migliore né li ha resi eterni bambini, semplicemente posseggono un cromosoma in più e questo non ha nulla a che fare con la personalità.

3 – Il termine Sindrome di Down significa “giù verso il basso”.

No, il termine deriva dal medico inglese John Langdon Down che, nel 1866, descrisse con maggior accuratezza le caratteristiche dei tratti somatici di questa condizione.”

4 – Le persone con SDD non possono abitare da soli, lavorare, sposarsi.

Più’ passa il tempo e più si sta facendo per poter agevolare le persone con SDD nelle normalissime esigenze che loro stessi sentono il bisogno di soddisfare per raggiungere così la propria indipendenza.
Meglio evitare di pensare che debbano vivere per sempre con mamma e papà e che per girare per la strada debbano essere accompagnati tenuti per mano.

5 – I genitori delle persone con SDD sono vecchi.

No, non è vero. Non sempre e non necessariamente. Io ho avuto Lisa all’età di 39 anni e la mia compagna ne aveva 25. La donna dopo i 35 anni ha più possibilità di far nascere un bimbo con SDD ma se tanto mi da tanto è anche vero che le donne giovani mettono al mondo più bambini e quindi automaticamente aumentano le possibilità che ne nascano anche con mamme più giovani.

6 – L’aspettativa di vita è molto più breve.

Non è vero. Non più. Questo accadeva fino a un po’ di tempo fa a causa delle malformazioni scheletriche o cardiache che si accompagnano a questa condizione, ma ad oggi si può tranquillamente affermare che l’aspettativa di vita è molto alta.

7 – Sei “Down” o sei “ un Down”.

Insegniamo ai nostri figli il rispetto verso chi ha una disabilità. Evitiamo noi per primi, come genitori, di chiamarli “down” o parlare di un compagno di classe come “è un down”. Sono persone con Sindrome di Down, non sono Down. Sarebbe come chiamare una persona con il morbo di Parkinson “quello è un Parkinson.”

8 – Le persone con SDD sono tutte uguali solo perché hanno gli occhi a mandorla.

La sindrome di Down può essere scoperta direttamente alla nascita guardando alcune caratteristiche fisiche del neonato (ad esempio gli occhi a forma di mandorla, la forma delle mani e dei piedi, ecc.) ma questo non deve essere un segno di classificazione. Anche i cinesi hanno gli occhi a mandorla, no?

9 – Sei scemo, sei down.

Ecco, questa è una cosa che mi fa molto arrabbiare. Evitiamo di usare l’appellativo “down” per dare dello scemo a qualcuno  o per denigrare un’altra persona. E’ una mancanza di rispetto verso le persone con SDD e verso coloro che le amano.

Un grazie speciale a Fulvio Cobaldi, per queste informazioni. Ne aspettiamo altre molto presto, perchè solo tramite la conoscenza si possono abbattere le barriere.

Se vi interessa saperne di più o fare due chiacchiere con Fulvio Cobaldi, potete partecipare alla conferenza del 18 marzo alle ore 20 presso l’oratorio di San Giacomo di Laives intitolata “quel cromosoma che ti cambia la vita” dove parlerà della sua esperienza di padre.

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