Connect with us

Pubblicità - La Voce di Bolzano

Alto Adige

Scurelle, l’inchiesta si allarga sul capannone degli orrori: tra le salme anche altoatesini

Pubblicato

-

Condividi questo articolo




Pubblicità

Erano almeno 200 ogni mese le bare in transito nel capannone dell’area ex Samantec in località Asola a Scurelle.

Un’attività di per sé non illegale, se attuata secondo le norme, che la cooperativa sociale «Linea Momenti» di Pergine conduceva sottoscrivendo contratti per il servizio di esumazione con diverse amministrazioni comunali venete ma anche del Trentino e dell’Alto Adige.

Tra i resti mortali destinati all’incenerimento quelli dunque di molti defunti della provincia di Bolzano, arrivati a Scurelle in base alle sottoscrizioni, ad esempio, con i Comuni di Ora, Egna, Laives e San Pancrazio (quelli trentini comprendono invece Isera, Borgo Valsugana, Pieve Tesino, Bieno, Folgaria, Telve di Sopra, Laste Basse, Besenello, Cinte Tesino, Ospedaletto, Luserna e Albiano).

Pubblicità - La Voce di Bolzano



Attiva/Disattiva audio qui sotto

Pubblicità - La Voce di Bolzano

Spetterà ora ai carabinieri del Noe verificare il rispetto dei regolamenti per lo smaltimento di spoglie e materiali, dato che le indagini sono state avviate proprio per l’ipotesi di vilipendio di cadavere e gestione illecita di rifiuti.

La tariffa dei centri crematori si differenzia parecchio in base alla presenza o meno della bara, con una differenza nei costi dagli 800 se le spoglie vengono portate a cremare con la cassa e invece 400 euro, senza.

La bare quindi transitavano per il capannone degli orrori dove venivano spogliate del zinco e della cassa in legno che venivano recuperate e rivendute, con un ulteriore guadagno.

Pubblicità - La Voce di BolzanoPubblicità - La Voce di Bolzano

Le spoglie del morto venivano depositate dapprima in sacchetti di nylon e messe all’interno di casse di cartone. E qui il guadagno oscillava dai 400 ai 500 euro per ogni bara.

Si parla di un business di oltre 300 mila euro e in soli pochi mesi. 

Ma l’indagine potrebbe allargarsi visto che molti parenti che ora non sanno nemmeno dove siano finite le spoglie dei propri cari defunti, potrebbero in un eventuale procedimento, costituirsi come parte offesa.

La stessa strada potrebbero intraprendere anche i Comuni che hanno finanziato il servizio e che sono parte offesa nella vicenda.

Per il momento, di certo c’è che l’ambiente in cui lavoravano i tre dipendenti della società, trasferitasi in zona da alcuni mesi, secondo gli investigatori lascerebbe a desiderare.

Un ambiente lugubre con 24 bare accatastate tra vecchi macchinari, altri resti di defunti (traslati ora nel cimitero di Scurelle) e bidoni di vernici.

Un capannone i cui requisiti per l’idoneità allo smaltimento resta dunque da verificare e per il quale la Procura ha disposto il sequestro probatorio.

Nel frattempo, le spoglie di 27 veneti sono state invece dissequestrate e avviate alla cremazione.

La regolare attività di smaltimento e cremazione dopo l’estumulazione del defunto, obbligatoria dopo 20 anni, era commissionata dagli stessi Comuni e avveniva con regolari permessi.

Allo stesso modo zinco e legno, considerati rifiuti speciali, venivano reindirizzati ad aziende autorizzate al riciclo.

Ogni resto mortale, etichettato infine negli appositi contenitori di cellulosa.

Pubblicità
Pubblicità

NEWSLETTER

Archivi

Categorie

più letti