Alto Adige
“Il medico non sapeva il tedesco”: il caso del manifesto choc di Sued-Tiroler Freiheit verso l’archiviazione
La procura di Bolzano ha chiesto l’archiviazione nei confronti dei militanti di Sued-Tiroler Freiheit per l’affissione in diverse zone della provincia del manifesto choc di un cadavere con la scritta “Il medico non sapeva il tedesco”. Il procedimento era partito in seguito ad un esposto dell’ordine dei medici dell’Alto Adige. Scagionati anche i responsabili delle società che avevano elaborato graficamente e pubblicato i poster. Sulla stessa vicenda qualche mese fa era già stato archiviato anche un altro procedimento.
L’episodio era avvenuto in occasione della campagna politica “Deutsche Sprache im Krankenhaus“. Alla base della richiesta, per i giudici vi è “il necessario bilanciamento tra diritti costituzionali, quello alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost. e art. IO della CEDU) e il principio di pari dignità di tutti i cittadini (art. 3 Cost.)“.
Tra le altre osservazioni si evidenzia come “l’elaborazione grafica del manifesto si ponga al limite della continenza espressiva il cui rispetto è richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per una corretta esposizione dei fatti“.
Il 4 novembre 2019, nell’immediatezza della divulgazione del manifesto, gli esponenti di STF nel corso di una conferenza stampa avevano dichiarato di aver ideato la campagna politica “Hier stirbt das Recht auf Gebrauch der deutschen Muttersprache” per segnalare il problema del mancato rispetto del bilinguismo nel sistema sanitario sudtirolese e di aver scelto appositamente un’immagine forte per sottolineare come negli ospedali altoatesini, a causa della carenza cronica dei medici e ai rimedi scelti per farvi fronte, verrebbe negato ai sudtirolesi il diritto di utilizzare la propria madrelingua.
“Essi hanno più volte affermato che in alcun modo il manifesto e la campagna politica volessero mettere in dubbio le capacità professionali dei medici, come evidenziato anche nel comunicato stampa pubblicato il 04.11.2019, nonché in occasione degli interrogatori ed infine nella lettera trasmessa all’Ordine dei Medici in data 03.03.2021“, evidenzia in una nota la Procura.
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